il racconto pubblicato nell'antologia A Roma Monteverde. edizioni della sera

“Dopo la memorabile vittoria all’Eurovision Song Contest 2021 i Maneskin sono gli artisti italiani più ascoltati nel mondo: nella top 50 Spoty Global Chart con “I WANNA BE YOUR SLAVE” continuano la loro ascesa inarrestabile nelle classifiche internazionali. Da Monteverde, quartiere romano, al tetto del mondo…” - la voce del telecronista continuava la rassegna stampa ma Carletto non ascoltava più: “Nonna ha detto Monteverde!” “Certo! Sono del nostro quartiere hai visto che bravi?” “Tu li conosci?” – Carletto accarezzava la testa di Shiva, il gatto nero che, con gli occhi chiusi, si godeva il contatto della mano, erano vicino alla finestra e il sole penetrava obliquamente, caldo e vivo, la lama di luce arrivava fino ai piedi di Maria, seduta sulla poltrona.“Non li ho mai incontrati ma so tutto di loro perché un’amica, conoscendo la mamma di Damiano, il frontman, me ne parla sempre”“E’ una tua amica di quando eri piccola?”Alla parola piccola Maria sentì un fremito. Davvero era passato tutto quel tempo? Era già nonna di un ragazzetto di otto anni? La vita è già volata via pensò. “Nonna qui sembra di abitare in cielo! Però noi abbiamo un giardino con alberi e fiori: mamma dice che è meglio perché possiamo giocare senza la paura di cadere di sotto”.Maria si ricordò la prima volta che aveva messo piede nell’appartamento in cielo, come l’avevano ribattezzato la nuora e le amiche. Quando l’agente immobiliare le aprì la porta un fascio di luce l’avvolse in un abbraccio. – Vede quanto è luminoso! E sono già le ore diciannove e trenta. – ma siamo in estate le giornate si allungano! – aveva subito minimizzato per non far trapelare la sua gioia: doveva trattare sul prezzo, in cuor suo già sapeva che sarebbe stata la sua ultima dimora.“Quando eri piccola dove abitavi?”“Abitavo in un condominio a Piazza Cucchi; la casa dei miei era un piano rialzato, sotto c’erano i garage e di lato il monte, dove il ristorante lo Scarpone non era così grande e bello come adesso. Dal terrazzo potevo assistere a delle vere e proprie partite di pallone perché nella piazza, che non era asfaltata, e non c’erano macchine parcheggiate, i ragazzi giocavano a calcio quasi tutti i pomeriggi, spesso la palla finiva nel mio terrazzo ed ero contenta di restituirla. Mi ricordo il giorno che sono venuti a girare un film comico. Già dal mattino presto tutti sapevano che non ci sarebbe stata la partita, una gran folla aveva iniziato a radunarsi, anche se gli attori erano famosi, io non li conoscevo, ma vidi per la prima volta come si gira la scena di un film.”“Che facevano?”“Dovevano scappare da qualcuno, portavano delle tuniche e per non inciampare le tenevano alzate con le mani mentre correvano veloci per un tratto della piazza: la corsa finiva proprio sotto il mio terrazzo. Erano Franco Franchi e Cicco Ingrassia, ma tu non puoi conoscerli e ora non ci sono più.“Ma tu avevi un’amichetta per giocare?”“Certo, abitava nel mio palazzo, scendeva da me e guardavamo insieme le partite. E tu hai un amichetto?” “Si, Ettore! Ma abita ai Colli, è lontano e quindi non ci vediamo sempre.” “Pensa che i Colli Portuensi, quando io ero piccola, non esistevano, era tutta campagna, poi Monteverde Nuovo ha iniziato a spandersi così tanto da arrivare fino a dove sta Ettore… però da casa tua alla sua non è tanto distante dai! Potresti tagliare per le vie interne, senti a me: vai nel vicoletto dietro casa e ti trovi su via Tarra, attraversi il giardino scendendo giù in via Battistini poi prosegui per la discesa che porta alla gelateria Tony, ecco dopo un po' stai subito ai Colli no?”“Mamma non mi manda da solo, neanche per il gelato. Ma tu perché conosci così bene le strade?” “Perché avevo una compagna di classe che abitava in via Tarra e per andare a studiare da lei mi accompagnava mio padre con la macchina, diceva che era troppo lontano: per noi Monteverde Vecchio finiva a Donna Olimpia, al semaforo dove c’è la Chiesa, poi negli anni hanno incluso via Ozanam e dintorni fino a Piazza San Giovanni di Dio, e chissà se a questo ha contribuito il ricordo di Pier Paolo Pasolini.”“Chi era Pasolini?”“Era un poeta, uno scrittore. Ha vissuto a Monteverde, giocava a calcio con i ragazzini delle case popolari e ha scritto un romanzo ispirandosi a loro: ragazzi di vita. Uno dei bambini che giocava con lui ha aperto uno studio artistico proprio in via Ozanam, e oltre a lavorarci ha creato la sede della memoria di Pier Paolo Pasolini. Le gigantografie che vedi sul muro, prima di entrare nello studio, ti avvertono che stai per conoscere er Pecetto, che è l’unico ex ragazzo di vita rimasto a raccontare e testimoniare la vita di Pasolini.”Spostando gli occhi da Shiva, che con un guizzo era saltato sul dorso della poltrona, e seguendo l’improvviso volo di un gabbiano entrato nel suo raggio di osservazione, Carletto si accorse di quel gran cielo bianco dove lo sguardo si perde, vide le montagne in lontananza: “Nonna ma lì ci sono le montagne! Non le avevo mai viste!”“È un bel panorama vero? E poi senti che silenzio qui. Una volta era questa la strada più bella di Monteverde, poi è diventata via Carini per via dei negozi, la piazza con la chiesa, il bar…e chissà tra tanti anni cosa diventerà” “Mi racconti cosa facevi quando eri più grande?”“Non c’era tanto da fare. Sai, in un appartamento che si trovava sul monte, di fronte al mio terrazzo, ci viveva un mago: qualche volta guardavo con il cannocchiale come addestrava le colombe bianche a entrare nel suo cappello, poi un giorno l’ho visto in televisione: si chiamava Silvan…”“Faceva sparire le cose e le persone?” “Si e sicuramente un trucco c’era, ma non sono riuscita a scoprirlo perché lui, quando si è accorto che lo spiavo, ha messo delle tende enormi…Finiti i compiti correvo ad affacciarmi dal terrazzo, perché mi piaceva uno dei ragazzi che giocavano a calcio, però lui non si accorgeva di me nemmeno quando restituivo la palla. Continuavo a guardare le partite sperando che mi notasse finché hanno asfaltato la piazza, così si è riempita di macchine parcheggiate e le partite non ci furono più. Quando aprirono Villa Pamphili i ragazzi si trasferirono a giocare lì. Era il 1972. Che emozione entrare per la prima volta nella villa! Così immensa e rigogliosa! Avevo preso l’abitudine di andarci a correre, e in estate, quando la palestra chiudeva, mi davo appuntamento con i compagni per fare ginnastica. Dentro il palazzone con le tende rosse che si trova sopra l’ufficio postale, una volta lì c’era una scuola privata, nel pomeriggio si svolgevano le lezioni di ginnastica artistica con Pasquale Carminucci, lui è stato un campione olimpionico, insegnava lì.”“Qualche volta mamma mi porta in villa, dalla parte del baretto, accanto ci sono i giochi.”“Quando ci andavo io non esisteva il baretto, e nemmeno il ponte che unisce le due parti della villa attraversando l’Olimpica. Chissà se in futuro ci faranno una base per le navicelle che voleranno, a volte penso che invece delle macchine ci saranno delle cabine volanti per spostarsi da un quartiere all’altro…Sai che un giorno ho incontrato in villa il ragazzo che giocava a calcio sotto casa?”“Davvero!! Ti piaceva ancora?”“Era seduto su una panchina, era diventato più robusto e anche se portava la barba e i capelli lunghi l’ho riconosciuto subito. Stava parlando con una ragazza e quando i nostri sguardi si sono incrociati ho capito che mi piaceva ancora, però lui non mi riconobbe, quindi ho tirato avanti e amen. Dopo scoprii che andava in un posto dove si riunivano i simpatizzanti del partito comunista, in via Sprovieri. All’epoca la strada era a doppio senso di marcia, non come adesso che è un senso unico a salire. Mi feci coraggio e una sera sono entrata nella sezione, lui finalmente mi ha notata e si è presentato, così ripresi il filo interrotto al tempo delle partite di calcio sotto casa.”Maria pensò alle parole di una canzone che le ricordava quell’ incontro: tra tanta gente scegliesti proprio me… “Però sai Carletto, non c’è stato modo frequentarci.” “Perché nonna?”“Perché lui era troppo preso dalla politica, era un capogruppo, troppo impegnato, organizzava le manifestazioni e forse, in fondo in fondo, io non gli piacevo abbastanza.” “Ma tu eri bellissima! Papà lo dice sempre!” “Papà che ne sa? Manco era nato! Comunque non è la bellezza che conta, ci sono altre cose. Tu ora sei piccolo per capire, ma quando sarai grande ti accorgerai che con una persona, un amico, o un amore, è più importante comprendersi e rispettarsi invece del solo piacersi.”“Cosa faceva allora quel ragazzo che era un capo?” – la voce di Carletto adesso aveva il tono cantilenante che hanno i bambini quando vogliono prolungare il narrare dell’adulto.“Ti racconto l’ultima volta che l’ho visto.” - Carletto si era seduto sul bracciolo della poltrona. “Avevo appuntamento con una amica davanti al teatro Vascello, allora era un cinema, pensa che durante l’intervallo tra il primo e il secondo tempo il soffitto della sala si apriva. C’era un meccanismo per cui, partendo dal centro, due ali di muro si aprivano lateralmente e noi spettatori, alzando gli occhi in alto, vedevamo il cielo con alcune finestre dei palazzi attorno. Poi il soffitto si richiudeva e tornava il buio in sala…comunque quel pomeriggio trovai una gran folla di ragazzi agitatissimi, lui era lì” Maria alzò i pugni mostrandoli paralleli: “Immagina due montagnole, una di qua e una di là. I comunisti stavano in cima alla salita di via Sprovieri, all’angolo con il teatro, e i fascisti invece si radunavano in cima a via Busiri Vici. All’inizio si fronteggiavano da lontano poi i più coraggiosi cominciavano a correre giù per le discese e, arrivati in Viale dei Quattro Venti, si affrontavano.”“Nonna si davano le botte?” “Certo! Prima si tiravano i sassi con la fionda, poi arrivavano alle mani e dopo scappavano per le vie limitrofe. Quando un giorno è saltata in aria la sede dei fascisti, che allora si chiamano movimento sociale italiano, ho capito che sarebbe iniziato un periodo buio…il ragazzo che mi piaceva tanto fu arrestato e non l’ho mai più rivisto.”“E poi che è successo?”“Poi io sono diventata grande. Ho cominciato a viaggiare, ho cambiato tante case, ho conosciuto le mie amiche…però sempre a Monteverde sono tornata. È un quartiere così bello e tranquillo che ci sono venuti a vivere tanti personaggi: attori musicisti scrittori…”“E la tua amichetta di quando eri piccola?”“La vedo ancora. Adesso abita a Monteverde Nuovo.”  Man mano che scende la sera la luce svanisce e il cielo, aspettando la calata del sole dietro i palazzi oltre il gasometro, si tinge di rosa. Gli uccelli che volano in picchiata sono rondini, e Maria ricorda le parole di una canzone di quel tempo perduto: tristi sono le rondini nel cielo mentre vanno verso il mare è la fine di un amore.